Sulla Collina di Rivoli-Avigliana numerosi sono i segni che testimoniano non solo le notevoli attrattive paesaggistico-ambientali, ma anche il tessuto storico-culturale di un territorio antropizzato fin dal I sec. d.C e praticato fin dall'antichità da pellegrini, mercanti ed eserciti.
Di seguito si indicano per sommi capi le testimonianze più importanti. Per un approfondimento si rimanda all'apposita sezione del sito.
Nel territorio ora di Avigliana e Trana il ritiro dei ghiacciai in Valle di Susa determina la formazioni di due ampi bacini lacustri comunicanti tra loro. Sulle loro sponde, sin dal Neolitico, si insediano popolazioni preistoriche di cacciatori e allevatori. Durante la successiva Età del Bronzo i reperti archeologici testimoniano la presenza di un importante villaggio, ed è in questo periodo che si colloca l'origine delle popolazioni attuali. Il progressivo aumento demografico che caratterizza l'Età del Bronzo determina infatti una riorganizzazione del territorio da parte dei gruppi umani, si affermano le vie di comunicazione e scambio utilizzate ancora ora e si riconoscono i gruppi etnico linguistici che sopravvivranno sino all'epoca storica. Gli insediamenti si diversificano in abitati d'altura, di sotto riparo e, come nel caso di Avigliana e Trana, di aree umide. Questi ultimi vedono un'espansione durante la media Età del Bronzo che coincide in Piemonte con un più marcato clima continentale, caratterizzato da un abbassamento delle falde idriche e da precipitazioni stagionali intense con conseguente variazioni del livello delle acque di fiumi e laghi. L'abitato palafitticolo, oltre a porre al riparo le abitazioni dalle fluttuazioni, permette di sfruttare la risorsa acqua sia come fonte primaria di approvvigionamento idrico, sia per il potenziale alimentare che rappresenta: pesca e caccia (animali che si avvicinano per abbeverarsi) e agricoltura che può anche sfruttare le stagionali esondazioni.
La religiosità popolare è testimoniata da segni specifici sul territorio. La presenza di massi erratici con coppelle e incisioni rupestri, di piloni votivi e cappelle campestri documentano da sempre la necessità di un rapporto con la divinità, dai riti pagani alla fede cristiana.
I piloni votivi sono piccole costruzioni edificate lungo le strade, affrescati con immagini sacre o adornati con statue e quadri della Madonna o dei Santi; pur nella loro semplicità, sono piccole opere d'arte. Chiamati anche edicole o capitelli, hanno origine molto antica. Potrebbero essere gli eredi delle "Mongioie", cumuli di pietra che le popolazioni celtiche costruivano ai bordi delle strade con funzioni religiose e anche di segnavia.
Sono la testimonianza di una devozione profonda e sincera verso la Madonna e i Santi, venivano costruiti per ottenere aiuto e protezione nelle difficoltà quotidiane. Erano edificati di solito lungo le vie principali di collegamento tra i villaggi, in corrispondenza di bivi e incroci, assumendo la funzione di riferimento come segnavia. Si possono anche trovare tra le case come richiesta di protezione o per adempimento di voti.
La principale è la Torre Bicocca, detta anche Torre di Buttigliera, che si innalza tra Buttigliera e Ferriere per un'altezza di circa 13 mt, su una propaggine della Collina morenica a 411 mt di altitudine. Probabilmente costruita nella seconda metà del 1400, il primo riscontro storico risale al 1619, quando “furono affisse su di essa le armi ducali”, in occasione della presa di possesso del feudo di Buttigliera da parte del Conte Giovanni Carron. Questa torre, a vista con le altre torri e castelli medievali della Bassa Valle di Susa, situati ad Avigliana, Villardora, Almese, Caselette e Rivoli, costituiva certamente un sistema di fortificazioni e segnalazioni militari durante tempi bui, quando la Valle era frequente teatro di disordini ed invasioni.
La costruzione del castello risale, con ogni probabilità, al IX-X secolo, ma la sua esistenza è attestata la prima volta nel 1159, in un diploma con il quale l'imperatore Federico I Barbarossa cedeva i territori rivolesi, castello compreso, ai vescovi di Torino.
La famiglia Savoia si inserì nel panorama cittadino già dal suo arrivo in Italia nell'XI secolo, a causa della posizione favorevole, prospiciente la piana di Torino a ovest e la Val di Susa a est, che rappresentava una pedina importante per il controllo dei territori conquistati.
Tra il '500 ed il '600 venne restaurato e modificato dall'architetto Ascanio Vittozzi, venne realizzata la cosiddetta "Manica Lunga", destinata ad essere la pinacoteca dei Savoia.
La seconda guerra mondiale distrusse buona parte degli edifici: i primi interventi architettonici furono fatti con la semplice intenzione di non far crollare definitivamente la struttura. Tuttavia fino al 1979 venne lasciato in stato di abbandono. In quell'anno venne riaperto il cantiere di lavoro, affidato all'architetto Andrea Bruno, con l'intento di dare nuova vita al Castello e alla città.
Nel 1984 venne inaugurato il Museo d'Arte Contemporanea del castello di Rivoli e nel corso degli anni si è arricchita la collezione, facendolo diventare uno dei musei più conosciuti in Europa.
Lo storico complesso medievale, Precettoria dal 1323, un tempo anche denominato Rio Inverso o Sant'Antonio d'Inverso o Rinverso, cui possiamo accedere a monte, dal suo portale ad arco rurale, sorge ai piedi del versante settentrionale della Collina morenica. Esso è costituito dalla Chiesa, dal Convento, dai resti dell'Ospedaletto e dall'area delle Cascine, attraversata dal 1830 dalla Bealera di Rivoli fatta costruire da Amedeo VI il Conte Verde.
La prima parte della denominazione deriva direttamente dal nome della Chiesa, S.Antonio, l'eremita egizio del IV/Vsecolo, l”astro del deserto”, ispiratore dell'Ordine medievale degli Antoniani, sorto in Delfinato nell'XI secolo ad opera del nobile Gaston. La seconda parte della sua denominazione deriva, forse, dal nome del ruscello, RIVUS INVERSUS, che divallava nella vicina zona detta delle “risaie”.