di Marco Giardino
Pera Grossa di Rosta.
Nel nostro Paese le bellezze naturali del paesaggio fisico suscitano grande interesse ed attenzione a livello di opinione pubblica, di iniziative legislative e di pianificazione territoriale; esse rappresentano pure una grande opportunità di fruizione turistica, a riscatto di un oblio culturale ingiustificato e controproducente.
Per questi motivi, negli ultimi anni numerose amministrazioni pubbliche hanno inteso promuovere la valorizzazione del territorio anche focalizzando l’attenzione sui siti in cui sia possibile riscontrare un interesse geologico-geomorfologico per la conservazione.
Nell’ottica della geoconservazione, l’anfiteatro morenico di Rivoli-Avigliana rappresenta sicuramente un paesaggio piemontese che contiene un patrimonio geologico-geomorfologico prezioso e sensibile: per questo è meritevole di valorizzazione e di salvaguardia. E dunque appare giustificato l’interesse – non solo scientifico – per questo complesso di forme e depositi derivanti dal modellamento glaciale pleistocenico. La bellezza paesaggistica dell’anfiteatro morenico si sovrappone al suo significato paleo-ambientale; le sue peculiari caratteristiche geologiche e geomorfologiche hanno fatto da teatro ad importanti avvenimenti preistorici e storici; le risorse naturali ivi disponibili hanno determinato lo sviluppo di particolari forme, espressioni ed attitudini della cultura locale.
All’interno dell’anfiteatro morenico di Rivoli-Avigliana, i massi erratici sono elementi emblematici e vanno considerati come importanti geositi, non solo dal punto di vista scientifico o ricreativo, ma anche storico e culturale. Questi blocchi rocciosi, isolati in aree pianeggianti o allineati sulle creste moreniche, furono per lungo tempo una presenza enigmatica nell’anfiteatro morenico. Essi diedero origine a varie ipotesi interpretative: blocchi piovuti dal cielo, trasportati da piene apocalittiche, ecc. Il riconoscimento della loro reale natura glaciale attribuì ai massi erratici quel significato di testimoni geologici che oggi è fra i principali motivi che ne dovrebbero facilitare la conservazione. Come ricordò l’insigne geologo piemontese Federico Sacco in una sua pubblicazione del 1922, i massi erratici subirono invece in passato una «vera guerra di sterminio» per ricavarne materiale da costruzione. Va quindi considerato positivamente lo sforzo in atto nella regione Piemonte di dedicare specifiche
norme di tutela ai massi erratici, dopo che alcuni dei più imponenti esemplari sono stati dedicati a illustri personaggi per il loro impegno scientifico e culturale, ad esempio, l’imponente masso erratico di Caselette dedicato al geologo Federico Sacco, e la Pera Majana di Villarbasse dedicata a Ugo Campagna, ambientalista e presidente di Pro Natura.
L’avviata opera di tutela e di valorizzazione dei massi erratici apre indubbiamente nuove prospettive per la loro salvaguardia ed al contempo evidenzia alcune incognite nell’ambito della divulgazione scientifica (con la gestione nel tempo delle attività di divulgazione e di pubblicità dei massi erratici), della fruizione turistica (con la tutela dei massi erratici già valorizzati e con la loro integrazione nei circuiti turistici già collaudati o da organizzare ex-novo) e della pianificazione, amministrazione e gestione territoriale (con il ruolo, anche di tipo vincolistico, che i massi erratici potrebbero assumere in tali ambiti).
Senza dubbio, solo la sinergia tra i vari attori presenti sul territorio (enti, amministratori, associazioni e cittadini) potrà portare alla positva gestione di queste nuove prospettive ed alla risoluzione delle incognite che ne derivano.