di Michele Motta
Durante le glaciazioni le Alpi assomigliavano alle attuali montagne antartiche. Anche dove non giungevano i ghiacciai, il clima freddo aveva sostituito la foresta di latifoglie del pliocene con una landa desolata, simile all’attuale Subartico.
Giunsero dall’Artide “ospiti freddi”: volpe polare, bue muschiato e un parente dell’orso bruno.
Nelle fasi interglaciali il territorio si trasformava: nell’interglaciale del Pleistocene inferiore, il clima tropicale umido permetteva agli ippopotami di vivere in Italia; in quello successivo, è documentata la presenza di elefanti e rinoceronti. Nell’ultimo interglaciale il Piemonte ospitava rinoceronti, iene ed elefanti, in un ambiente paragonabile alle attuali savane africane. Questi “ospiti caldi” erano costretti a migrare o a scomparire quando i ghiacciai tornavano ad avanzare.
Nel corso dell’ultima glaciazione le colline moreniche, come l’attuale Terra del Fuoco, erano prive di alberi e spazzate da venti secchi, che alzavano nuvole di polvere che si depositava sulla Collina di Torino e di Poirino sotto forma di sabbia finissima (löss). Accanto all’orso delle caverne ed al mammuth, vi erano cinghiale, cervo, renna, cavallo.
Nell’ultimo stadio glaciale scesero in pianura animali alpini (stambecco, marmotta), accanto ad alce e castoro, oggi eliminati dalla caccia.
L’anfiteatro morenico era allora ricoperto da una steppa di graminacee e artemisia, con rari pini.
I depositi lacustri permettono di ricostruire bene i paleoambienti perché favoriscono la conservazione di resti organici. Dalla loro analisi è emerso che presso l’odierna Torbiera di Trana crescevano ginepri, brugo e alte erbe, nelle aree più riparate i faggi. Verso il 13.000 a.C. si diffuse una pineta con larici, betulle e noccioli; rimase abbondante l’artemisia. Ai bordi del Lago Grande crescevano olivelli spinosi e salici.
6.000 anni fa si diffusero alberi amanti del caldo: querce, olmo, tiglio; sui versanti più umidi ed ombrosi prese dimora l’abete bianco. Il querceto misto, ancor oggi presente, rimase dominante sino alle trasformazioni indotte dall’uomo, come la diffusione del castagno.
Fino ad età protostorica la grande fauna, non ancora impoverita da millenni di caccia, era formata da cinghiale e capriolo oltre che da lupo, cervo, daino, asino selvatico europeo e uro.