Fummo monti, e or siam sassi

di Michele Motta

Disegni di M. Motta.

 

Storia di un viaggio dei sassi nel fiume

Un sasso trascinato da un fiume ricade costantemente sul fondo e, urtando gli altri sassi, si sbriciola prima in ghiaia, poi in granelli di sabbia, sino a formare frammenti microscopici. Se anche non si spezza con gli urti, smussando gli spigoli, diventa arrotondato e sferico, rimpicciolendosi sempre più. Perciò, se anche i fiumi riescono a trasportare durante le piene i blocchi di maggiori dimensioni caduti nel loro alveo, non possono far loro percorrere grandi distanze mantenendoli integri.

Come gli amici massi arrivarono sani e salvi

I massi caduti su un ghiacciaio, invece, urtano e sfregano poco contro gli altri detriti, perché il ghiaccio fa da imballaggio. Tuttavia, anch’essi possono distruggersi.
Il ghiacciaio del ramo principale della Valle di Susa, ad esempio, si congiungeva all’altezza di Susa con il ramo proveniente dal Colle del Moncenisio, scendendo lungo un gradino scosceso alto più di cento metri. Il ghiacciaio, precipitando, si frantumava in blocchi che crollavano l’uno sull’altro e neppure i grandi massi superavano questa prova senza sbriciolarsi. Infatti, i maggiori erratici presenti nell’area della Collina morenica non sono formati da rocce dell’alta valle, neppure da quelle più compatte e resistenti. Naturalmente, i massi di rocce facilmente disgregabili avevano ancora meno possibilità di giungere all’anfiteatro morenico.
Sul ghiacciaio erano scaldati dal sole di giorno e raffreddati dal ghiaccio di notte e così l’acqua, contenuta al loro interno, congelando e fondendo ripetutamente, li sbriciolava in porzioni sempre più piccole.
I massi caduti troppo vicini al bordo del ghiacciaio, poi, erano abbandonati sulle morene laterali quando il ghiacciaio, giunto in bassa valle, iniziava a ridursi di larghezza. Se ne osservano oggi sopra Bussoleno, San Valeriano e Condove, quindi a parecchi chilometri di distanza dall’anfiteatro morenico. In definitiva, solo i massi di rocce resistenti, poco fratturate e provenienti dalla bassa valle, raggiungevano di norma l’anfiteatro morenico.
Tuttavia alcuni di questi, proprio alla fine del loro viaggio, precipitando sulla morena dalla fronte del ghiacciaio, si spezzavano all’ultimo nei gruppi di blocchi oggi visibili (massi della Veneria, di Pra Basse, di Avenat).